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Pierfrancesco Zen
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Note biografiche

Nato a Padova il 27 febbraio 1964.


Residente in S. Martino di Lupari (PD), di professione: avvocato.


• pubblicista dal 1983 al 1987 sulla rivista “La danza”;
• ha pubblicato una raccolta di poesie e di racconti “Frammenti di relatività” (1992) distribuito da Edizioni GB Bortolo di Padova.

 

 

 

Premi e riconoscimenti

•             segnalato al concorso del 1996 “premio letterario internazionale Giulietta e Romeo”;

•             vincitore della XIII edizione del concorso nazionale di poesia “Maria Carola Piron” (1997);

•             vincitore del concorso “Poeti emergenti padovani” (1998);

•             finalista al concorso internazionale “Città di Lerici” (2000);

•             terzo classificato al “Premio internazionale Siracusa Trofeo Papiro d’oro  e Decadramma     d’argento” (2001);

•             secondo classificato al Premio Letterario Internazionale “Omaggio a Goldoni” (2002);

•             terzo classificato al Premio Letterario Internazionale “Victor Hugo” (2002);

•             vincitore del Premio Nazionale di Poesia e Narrativa PRIMAVERA STRIANESE 2004;

•             finalista al Premio Letterario Internazionale “EUROPA” 2004 (Lugano);

•             più volte sono state pubblicate alcune sue poesie nell’antologia annuale “Poeti padovani” (curata dal gruppo letterario Formica Nera) e in molte altre raccolte di poesie (“Il pianeta dell’amore”, “Voci dell’anima”, “Vento di Maestrale”, “Antologia del ricordo”, ecc.).

•             ha pubblicato una raccolta di poesie “I giochi del tempo” (2005) edito e distribuito da Panda Edizioni di Padova; con questo libro, oltre ad aver ricevuto diverse segnalazioni in vari concorsi Nazionali e Internazionali, ha vinto il primo premio nel concorso internazionale letterario “La Rocca – Città di San Miniato” (2006), nel concorso letterario internazionale “Mondolibro” 2007, nel concorso internazionale “San Marco – Città di Venezia” (2007), nel concorso internazionale di letteratura “Vittorio Bodini” di Lecce (2007), nel “Premio Nuove Lettere” di Napoli (2007), “Città di Lerici” (2007), il secondo premio nel concorso internazionale letterario “S.Margherita Ligure – Franco Delpino”, in quello di Napoli “Peter Russell”, in quello “Isola di Malta” e in quello di Aulla (Val di Magra – R.Micheloni), in quello di Città di Pontremoli (2013), il terzo premio nel concorso internazionale “decennale Zacem”,  il quarto premio nel concorso internazionale di poesia “Mario Luzi”, il premio speciale della Chambre Europèenne Expert nel concorso “Città di Aosta”, “Portus Lunae, Torre Scola” di La Spezia, “Versilia 2007”; ha inoltre ricevuto, per lo stesso libro, vari riconoscimenti e segnalazioni in numerosi altri concorsi come nel premio Letterario Internazionale “Europa” di Lugano (ed. 2007), nel premio Sorrentum 2007 ed altri;

•             con la nuova produzione poetica ha recentemente vinto il primo premio nel Concorso Europeo di arti letterarie “Via Francigena” (2009) e il premio speciale della critica nel concorso Citta di Pontremoli (2012);

•             ha pubblicato (2010) una raccolta di racconti legati da un filo conduttore unico: la confusione e la commistione tra il mondo reale e quello del sogno (Onirica); alcuni di questi racconti sono già stati premiati: primo premio Autore 2008 al salone di Torino, al concorso internazionale “S.Margherita Ligure – Franco Delpino” 2008 (Sezione Narrativa); secondo premio al concorso letterario Peter Russell (2008); terzo premio al concorso “Alfonso Di Benedetto” (2009); quarto premio al concorso letterario Casentino (2009); premio speciale della Giuria al concorso internazionale di Salò (2010); premio speciale nel concorso internazionale di letteratura “Targa Marcocci – Pignone” (2013); finalista in diversi altri concorsi letterari.

 

Note critiche

Un percorso interiore complesso, quello di Pierfrancesco Zen, mai concluso, che si involve e torna, e ritorna ancora ad indagare i motivi dell’esistere, i misteri che avvolgono l’umana esistenza, il senso della vita e della morte, l’arduo e sempre spinoso cammino per la conquista della fede. Va da sé che una poesia siffatta non può essere facile, né, tanto meno, semplicistica, perché attraverso la parola non è facile riuscire a penetrare la profondità del pensiero. Il poeta padovano riesce con un’abilità innata, ma soprattutto con un impegno costante e umilmente coltivato, a creare intorno ai suoi versi quell’atmosfera interioristica e misteriosa che corrisponde alla sua ricerca dell’umano in ogni atto quotidiano. E sa scegliere il lessico più adatto, i toni più suggestivi, le immagini più rappresentative, anche se non le più immediate, i ritmi congeniali al discorso poetico, per liriche che sanno piacere, e soprattutto fanno pensare.

 

Letture

ETERNITÀ E DISSOLVENZE

Sopravvivono attimi del giorno
dove il corpo non ha peso
e non ha temperatura.
Anche l’anima degrada,
si alleggerisce l’essere tutto,
tutto l’essere diventa
lievità pura, unica sostanza,
un brodo primordiale,
della felicità un simulacro
che balugina lontano
e, pur inconsistente,
ha forza e ti monda dalle fatiche.
Finanche il sole si arrende
alle ombre della sera
che, con morbido tepore,
l’arsura senza  nome
placano avvolgendo.
Il senso d’eternità imbrigliato,
appena prendi coscienza, svanisce
e avanza la corruzione del tempo.
Comprendi così la condanna,
l’esilio che non vuol esser deriva
dal Paradiso con fede cercato;
comprendi che quell’andar pellegrino
non è pari a parola data in pegno,
né serve a tacitare
l’anelito che la vita  pervade,
molto simile a un grandioso affresco
che deteriora e dove tu sei al centro
come un mero dettaglio
da salvare e restaurare
perché ami la bellezza
e non ti adatti alla decadenza.

Ma strappato il colore,
è labile il tratto
della sinopia rinvenuta sotto,
sotto l’intonaco un uomo parvo
mette al riparo idee infinite.

POESIA

Mi accecò il riflesso del  sole
sulla distesa candida di neve,
e mi parve poesia.

Mi sorprese un lampo all’imbrunire
e insieme il frullio di un passero,
e mi parve poesia.

Squarciando il silenzio,
dopo estenuante attesa,
con meraviglia entrò nella vita:
giunto era  un figlio ed era poesia
per il cammino che ci attendeva,
creta nelle mie mani.

Abbracciandolo l’anima mi rese,
dal viluppo del corpo e della stanza
si liberò in un mesto istante:
l’addio di papà era poesia
per la fede in un altro incontro,
attesa di carezze.

Infine, una foglia ingiallita
vidi cadere nel bosco già brullo,
tappezzato di morte in autunno,
segnati i tronchi per l’abbattimento.
Fu allora che provai  uno struggente
desiderio di poesia,
di un indomito spirto da ascoltare
quand’anche sembra eclissarsi dal mondo.
Quella visione senza una speranza
trascinava nel nulla,
non c’era vibrazione
per le corde del cuore!
Eppure non tramandava leggende:
le tremende  suggestioni emanate
simili erano a cadute nel sonno,
profondo come un cielo nero di stelle.

Al logorato custode dei versi
comunque  un’ardua missione rimane
non c’è catastrofe, non c’è eccidio
che poteva o può renderlo silente:
condurre i segni di idiomi perduti
fuori dall’eterna notte
in cui s’attarda troppo spesso l’Uomo
e lì, all’alba, accanto al risveglio
compiere una traduzione
[in ciò forse un tradimento]
di quel soffio divino che si effonde
tra chi ascolta e pervade la poesia.

 

LA PARTITA

E finalmente inizia la partita!
Da molto tempo i pezzi
sono stati dispiegati.
Solo ora m’accorgo
di essere un umile pedone,
del quadrato bianco e nero
conto sessantaquattro giorni e notti.
La cabala può decifrare
numeri aridi e misteri:
sei, quattro, dieci e poi…
l’Unità fatta da tasselli grigi.
Ma il vagheggiamento non soddisfa,
lasciando invariati
gli sporchi trucchi e l’abisso del gioco.

No torre che sorveglia
i vertici del campo di battaglia,
no cavallo o cavaliere
che scompiglia le linee avversarie,
no alfiere o vescovo
confidente dei sovrani,
no regina padrona dello spazio,
no re che parassita letalmente
custodisce l’esistenza,
ma pedone fedele
a cui non interessa
chi è il giocatore,
quale Divinità è che lo muove,
quale altro Dio dietro ordisce.

Devoto alla Sua oscura trama,
all’Unico che vede
l’intera scacchiera
e lo stesso pedone… ( immolato).

Rina Gambini e Pierfrancesco Zen

La vita come una partita a scacchi: nel grande quadrato suddiviso in tasselli, si muovono i pezzi importanti, alteri e indifferenti nella consapevolezza del loro potere, ligi al loro ruolo specifico. Solo il poeta, partecipando a questa metafora d’esistenza, si sente un umile pedone, mosso da forze più grandi di lui, delle quali non si interessa, fedele soltanto al suo Signore, a Colui che tutto sa e tutto prevede. In questa lirica così bella, così musicale, così ben strutturata, agile e struggente nel suo svolgersi, si sente la profonda fede che domina l’animo dell’autore.
Da “Antologia Città di Pontremoli” 2012

 

BINARI

Nel mio cuore
puoi scorgere due binari;
dopo aver scollinato,
piegano lievi verso la pianura
dove, è noto, i treni
corrono rapidi, senza ostacoli.
Là, però, non li ho mai visti
arrivare in stazione,
troppo curvo sotto il sole
intento ad osservare le formiche
che laboriose, in file trasversali,
parimenti veloci percorrono
le rotaie scintillanti e ardenti,
lame forgiate per attraversare
destini e condurre
stanchi viaggiatori e indefessi insetti,
nomadi e pendolari,
a vaghe destinazioni, precarie.

Ai lati della vecchia ferrovia
stanno costruendo una metropoli
e un labirinto scosso dai sussulti
di rumorosi e vibranti passaggi;
quaggiù vivo e quaggiù immagino
le corse dei treni.

Da “I giochi del tempo” - Panda Edizioni

Un’allegoria che conduce all’esistenza dell’autore, questa che rappresenta treni in corsa veloce e senza scosse su tratti piani, simbolo di una vita agevole, felice. Ma l’animo introspettivo del poeta si sofferma troppo spesso ad indagare moti misteriosi fuori e dentro di sé, per cui il viaggio si interrompe e si lascia condizionare dall’immaginazione e dal sentimento. Una lirica molto profonda, facilitata da un ritmo agile e da un dettato melodico e armonioso.
Da “Antologia Città di Pontremoli” 2013