Note biografiche
Rita Barbetti è nata a Pietrasanta (LU) nel 1947 e vive a Querceta. Sposata e madre di un figlio ormai adulto, ha lavorato per molti anni come commessa in un negozio di abbigliamento a Forte dei Marmi. Appassionata di ogni lavoro creativo, cuce, ricama, crea piccole cose con i tessuti, lavora la creta e utilizza il decoupage; nei momenti liberi fa lunghe passeggiate sulla riva del mare, specialmente in inverno, raccoglie conchiglie, che utilizza per piccole creazioni, e si ispira per le sue poesie, che compone anche per ricordare i momenti di maggiore intensità emotiva ed affettiva. Legge molto e da qualche tempo partecipa ai concorsi di poesia, dai quali trae molte soddisfazioni. Sebbene non abbia ancora pubblicato un testo personale, è presente in molte antologie letterarie, con ottime recensioni critiche e apprezzamenti da parte dei lettori.
Note critiche
Poesia come rifugio per le proprie sensazioni, come immediata espressione di sé, come mezzo per superare la ritrosia e la timidezza del proprio sentire: questa è, per Rita Barbetti, la composizione poetica, alla quale crede ciecamente, conoscendone l’alto valore artistico. Per questo, schiva e consapevole com’è, si guarda bene dal proclamarsi autenticamente poetessa, preferendo affermare un diritto indiscutibile ad esternare i propri sentimenti nel modo che le è più congeniale, cioè attraverso i versi. Il risultato di tutto ciò, come spesso accade quando si affronta con umiltà un cimento, è più che positivo, in quanto le sue poesie sono di buon livello.
Poetessa delicata e gentile, infatti, mette nei versi tutta la ricchezza della sua anima, senza mai eccessi né illanguidimenti, preferendo restare fedele a quell’equilibrio interiore che ha raggiunto nella serenità di un sentire che ha superato le prove della vita con uno sguardo sempre teso verso più ampi e spirituali confini. Le sue liriche sono, così, sobrie e suadenti nella loro semplicità strutturale e nella loro istintiva espressività: è ciò che l’autrice aveva ricercato, che le dà soddisfazione, e la induce a proseguire lungo un cammino che ha preso molto seriamente, ma con la giusta visione.
Letture
Riposo...
La notte... adagio pietre sul comodino spargo capelli nel morbido cuscino quando i sogni vengono a cercarmi nell’abbraccio di candide ali voglio riposarmi.
Speranza nel futuro
Come sagome di verdi colline sono gli alti, bassi della vita. Ma ricordiamo che per una faticosa salita, troveremo ancora una strada in discesa.
Amato, odiato, mare
Seduta sulla riva, fissando la corrente di un’acqua trasparente, mi sento altrove andare, mi lascio trasportare come un sasso sul fondo, scoprendo e …….. immenso oceano d’acqua e cristalli di sole, amato e odiato mare, sai sempre affascinare
Ardente estate
Il sole scioglie su di noi, chiare gocce di vita. Un mare di spighe si accende al fuoco del papavero rosso. Ondeggia, l’aria profumata di ricordi la bionda marea. Una carezza d’amore, amore eterno
Guardare lontano
Lontano, laggiù, all’orizzonte dove il mare arriva al cielo e l’universo abbraccia il mondo, laggiù lontano dove il sole muore, nei colori del tramonto
L’oblio
Chiare acque bianche nebbie, quiete e avvolgenti, nel silenzio profondo date pace a chi cerca, l’oblio.
Nebbia
Stasera c’è la nebbia Nelle strade. Le luci sono opache, i rumori sordi, sembra di muoversi nel tempo, dove tutto è lontano. Anche se puoi toccarlo, la nebbia ti avvolge come fosse una nuvola e non sai se la tua strada è il cielo.
Stagioni di vita
Lungo il muretto a secco aggrappato alla collina, s’avvinghia la vite. Guardando il mare, ma nel paesaggio spento, di un inverno pallido aspetta la stagione per me una nuova vita
Amo, d’inverno
Amo, d’inverno in solitudine, passeggiare sulla riva del mare amo, quel silenzio, la brezza leggera, il frangere dell’onda verso sera. Amo, inseguire con lo sguardo stormi, di candidi gabbiani nell’aria volteggiare. Amo, questo paesaggio scolorito ma di pace totale, quando il cuore mio si apre all’emozione del creato la mia mente si annulla, tra cielo e mare.
Fiume dei ricordi
Fiume mio, di ghiaia e ciottoli verdi acque profonde erbe palustri alte sponde eri la forza pura dell’energia nella natura. Adesso no, sei spento: ti hanno imprigionato in sponde di cemento hanno, addomesticato l’animo tuo selvaggio.
Il pescatore
Chi attraversa la notte nel mare si perde tra silenzi e lampare. Con il pensiero ritorna alla casa, ai bambini al suo letto, alla sposa. Com’è scuro quel mare d’intorno. Passano l’ore ritornerà il giorno.
La prima neve
Oggi con la prima neve, e scesa la pace nel mio cuore, dopo lunghi giorni, di affanni provo ancora, a sognare
Nel frutteto
Sono tornato al frutteto dei miei giovani anni dove... non si vivono affanni dove la frutta succosa e matura mentre adesso la vita e più dura. Li nutrito felice, giocondo ora invece a combatter nel mondo.
L’abbraccio
Come volo d’aquilone l’anima sospesa si spinge più in alto, a stringere nell’abbraccio del mio cuore tutti i popoli sofferenti della terra.
Stagioni
Rocciose pareti dove tenaci radici si aggrappano alla vita colorando il paesaggio di sempre, nuove stagioni.
Una vivida partecipazione alla comune esistenza contrassegna la prima lirica, che, come la successiva, ha il pregio della concisione e dell’essenzialità. La seconda lirica è, invece, una emozione immediata, un sentimento spontaneo di vita: entrambe, però, si ambientano in seno ad una natura aspra e sofferta, in cui gli elementi divengono facilmente simboli, come accade per l’aquilone, segno di libertà, o per le radici che si tengono fermamente legate al suolo. Da “Antologia Via Francigena 2008”
Natale
Mi ricordo il Natale mi rivedo bambina mi ritrovo piccina alla misera culla con mio babbo vicino tracciavamo il cammino dei re magi alla stalla era bella la notte che nasceva Gesù eran tempi felici: ricordi di gioventù
Magico Natale
Brruuu… che freddo, del resto si presenta così il periodo dell’anno in cui si festeggia il Santo Natale. a passo veloce raggiungo casa, scuoto battendo i piedi un po’ di neve rimasta,girando la chiave entro nell’intimità del mio mondo. È la vigilia, ho ancora mille cose da fare, gli ultimi preparativi, gli ultimi pacchetti regalo, adesso però cerco affannosamente le calde pantofole e mi accoccolo davanti al camino, nell’abbraccio della mia comoda poltrona. Chiudendo gli occhi torno indietro negli anni ‘20-‘30-‘50 forse più. Sono una bambina ed è la sera del 24 dicembre, la mia mamma tutta affaccendata nei preparativi della festa, intanto il mio babbo Redento sta sistemando nell’angolo della piccola cucina l’albero, con delle piccole assi di legno (lui è falegname) costruisce la base del presepe. Insieme sistemiamo gli addobbi di vetro colorato, candeline rosse, i nastri e babbi natali di cioccolato. Nel muschio profumato di bosco laghetti di specchi, paperelle, pastori con il gregge, gli altri personaggi compresi, i Re Magi. La grotta della natività e per raggiungerla le stradine di farina bianca. A mio babbo piace suonare l’armonica così intona vari canti natalizi, io con lui canto “tu scendi dalle stelle” allo scoccare della mezzanotte mettiamo il bambinello nella mangiatoia ed è Natale. Mio padre sa creare quell’atmosfera magica che fa si che io mi senta parte di un presepe vivente “tanti auguri Rita”, sto sentendo la sua voce … apro gli occhi, non ho sognato ero lì con lui. Adesso i miei natali sono da moglie, da mamma, ma nel mio cuore vivranno sempre quelli preziosi da figlia. Nella nostra casa l’albero è tradizione prepararlo la notte di Natale, come omaggio a mio padre e per sentire ancora la sua magica presenza insieme a noi.
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