DELFINA PROVENZALI
Era una eterna ragazza, Delfina… a volte di un candore e di una ingenuità quasi fanciulleschi, irreali, ed è questo certo il denominatore che più la accomunava a mia madre.
Se penso a lei mi viene in mente la fata turchina di Pinocchio o la madrina di Cenerentola, in versione leggermente più âgé: una donna minuta, ma forte; una nuvola colorata e delicatamente profumata; una specie di ninfa silvestre intorno alla quale danzavano le compagne muse Serenità, Gioia, Vitalità, Senno e Grazia.
Per lei non esisteva ostacolo che non potesse essere superato: riusciva sempre a trovare una soluzione per ogni problema, all’occorrenza faceva comparire la sua personale bacchetta magica, fatta di Caparbietà, Impegno, Perseveranza. Una roccia, sì, ma senza la durezza e la refrattarietà di quella!
Al contrario Delfina era una donna estremamente affettuosa, aperta e disponibile, generosa con gli amici… ricordo ancora con gioia tutte le occasioni in cui ci lasciò approfittare della sua bella casa ad Ibiza, che lasciava aperta a chi - come lei - volesse fare l’esperienza della meravigliosa sintesi di natura apollinea e dionisiaca che si incontra sull’isola. Era il suo modo di condividere il Bello con le persone che amava.
… Qualunque tentativo di resistere al suo charme avvolgente e suadente, qualunque sforzo per opporre resistenza alle sue richieste era destinato a fallire, perché Delfina sapeva conquistarti con un incredibile mix di forza e dolcezza… fino all’ultimo.
Ha concluso in un silenzio discreto e riservato una esistenza letterariamente costruita sulla riduzione delle parole al minimo irrinunciabile, su una limatura del linguaggio fatta di sottrazioni ed ellissi; questo labor limae l’ha condotta prima attraverso la parola taciuta per approdare poi alla parola muta, ancora più essenziale, scabra e ruvida come la pietra: le sue poesie parlano di vita, di amore, di natura, senza teoremi filosofici ma con nettezza quasi tecnica, scientifica, in un linguaggio che negli anni si è fatto sempre più “asciutto e roccioso” fino a generare una poesia “chimica e terrosa”, come ha scritto nella presentazione di Juvenilia il critico e poeta Gilberto Finzi.
Sono parole originali ed assolute, le sue, che assumono le sembianze di minerali e rocce che appartengono ad un tempo eterno, immobile.
Alessandro Quasimodo