Mario Viola - Nostalgiche alchimie d'infinito

Una nuova raccolta poetica di Mario Viola

con note critiche di Rina Gambini

L’infinito nel quale perdersi con un misto di curiosità e di paura, nel quale trovare se stessi e le energie per rinnovarsi. L’infinito: il magico nulla sconosciuto e inconoscibile dalla limitatezza dei nostri sensi. Scrive Leopardi nello Zibaldone: “L’anima s’immagina quello che non vede… e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto perché il reale escluderebbe l’immaginario”. Infinito, dunque, che è aspirazione alla libertà, al pensiero, alla fantasia.

“Scalare il cielo / per trovare nello spazio / l’abbagliare di un fulmine, / sospirare dell’universo / l’immensa luce vitale // l’energia lontano spinge…”, dice Mario Viola nella lirica Camminatore dell’infinito.

Che l’infinito sia una costante di questa silloge poetica lo indica il titolo stesso, Nostalgiche alchimie d’infinito: titolo in cui, in realtà, si condensano i temi salienti della poetica dell’autore. Infinito, nostalgia, magia delle parole e del pensiero: sentimenti che nascono in un animo gentile e sensibile e trovano nella poesia la loro espressione più congeniale.

L’infinito torna sovente, come già detto, nei versi che sconfinano nello spazio siderale alla ricerca di una meta interiore, di una luce che sia guida nel cammino e bagliore dello spirito: “Ho lanciato i miei cavalli / al galoppo sfrenato / verso il lontano orizzonte, / per raggiungere infine, / con la mia anima, / l’estremo confine. / I limiti sono barriere / da superare nella vita / per non restare / abbandonati all’oblio.” Così in Le stelle ed oltre. E in Armonia: “Al centro dell’occhio di luna / abbandonarmi alla corrente / della vita solare e notturna / sulla grande pianura dell’anima.”

Con altrettanta ricorrente intensità appare la nostalgia, che conduce il poeta nelle pieghe del ricordo e gli fa rivivere momenti felici, sentimenti sopiti seppure mai dimenticati, persone care che hanno lasciato impronte indelebili, oppure fugaci incontri ricchi di speranzose attese. “Ricordi che s’intrecciano / a futuri inespressi d’altri colori, / immensità a rifulgere d’altri mari / in orizzonti di tramonti infuocati. // Nostalgia e malinconia / del tuo essere sorriso d’anima, / fertile terra nel tuo sguardo / di donna persa nello spazio / come laguna nell’oceano.” (La tua canzone nel vento). E ancora nei versi finali di Poesia effimera: “Memorie d’attimi indefiniti / incalzano nel mio animo, / e ritrovo momenti di sentimenti / dolci e solari vissuti con te. // … // Sarà un altro ricordo da non perdere, / un platonico amore da non dimenticare”.

Ricordi, nostalgie, malinconie: tanti i temi trattati in questa sorta di capitolo inglobato nel contesto della silloge. Gli amici dell’infanzia e dell’adolescenza, perduti lungo il cammino della vita, “partiti per vite differenti, / traditi dai loro sogni.” (L’amicizia perduta), al massimo sentiti con una telefonata per gli auguri delle feste, ma divenuti estranei, vivi solo nella memoria. Il profumo del pane appena sfornato, come nei giorni dell’infanzia lontana, con la famiglia riunita intorno alla tavola per il rito gioioso del desinare. L’odore della terra nel declinare della stagione, quando cadono le foglie e il muschio esala effluvi umidi che inducono a mesti pensieri. Il rumore del vento che soffia sulla pianura e porta con sé il sentimento di appartenenza che il poeta sente vivace nel cuore. La mestizia del giorno dedicato ai defunti, pervaso dalla bruma di novembre, e dalla malinconia dei ricordi struggenti dei propri cari. La figura della madre, sempre presente anche nell’assenza, immateriale luce di sicurezza, d’amore e di speranza.

Ancora ricordi di luoghi visti, vissuti più col cuore che con la mente, impressi nella memoria e nella fantasia, vividi di emozioni interiorizzate. Il Golfo del Tigullio in una giornata di dicembre vibra del fragore del mare che sciaborda sulla riva e dello stridore dei gabbiani che volano vincendo l’attrito del vento; s’illumina dei colori vivaci delle case a ridosso del mare, della luce velata del sole; emoziona facendo presagire antiche storie di avventure e di pace. Per contro, Rimini d’estate, con l’afflusso dei turisti, le luci e la vita notturna, i bar sempre aperti, l’arenile infuocato. Il senso di libertà della Polinesia, la mesta armonia dei canti lusitani ascoltati a Lisbona, l’impressione di desolazione della martoriata città di Beyrouth. E poi Fatima, con la sua spiritualità che attira i pellegrini, “miracolo dell’anima / che ritrova l’esigenza della penitenza, / per conquistare la purezza della / nostra Signora del Rosario.” (Il sole danzò quel giorno a Fatima). Lourdes, carica del mistero del miracolo, meta di persone disperate e speranzose, “che accettano l’inspiegabile; / paradiso per molti in terra, / disseta l’arsura delle fiamme / pellegrine con la sua acqua. // Acqua di purezza e verità” (Lourdes).

Spesso ricorre l’immagine del mare, soprattutto il rumore del mare, la sua mesta armonia quando è tranquillo, il suo fragore quando è burrascoso. Il mare come gioia e come malinconia, come scorrere del tempo e come immanenza, il mare come libertà e infinito, nello scambio e nell’intersecarsi delle suggestioni dell’anima poetica.

In questa miriade di immagini, profumi, visioni, in questa selva di sentimenti e di emozioni, sta l’alchimia che plasma la vita, l’intensità di un’anima e di una coscienza che, pur aderente al presente, non dimentica il passato e i doni elargiti dalla natura. Il cuore di un poeta dei nostri giorni che sa viverli nella pienezza consapevole di realtà e illusione.

Mario Viola conosce bene la magia della poesia, la coltiva da anni, la sa interpretare e riprodurre con il suo linguaggio pacato e sicuro, con l’armonia di versi pieni, intensi, musicali. E la poesia è per lui rifugio e guida nell’arcano mistero della parola. “Sempre quando lo spirito si stanca, / mi affido all’anima, che sa navigare / in nuovi arcipelaghi, a rinfrancare / il mio stanco cuore di marinaio. // La parola è timone che dirige sulla rotta / le vele alzate dalla libera coscienza, / e ritrovo momenti infiniti di serenità / nel vento che spinge i velieri dell’anima” (Velieri dell’anima).

Rina Gambini

Altre Informazioni

  • Edizioni: Edizioni Il Porticciolo
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