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Egidio Di Spigna - Dietro l'uscio socchiuso
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IL CUSTODE DELLA SOGLIA

Prefazione di Giuseppe Benelli

 

Il poeta è sempre “il custode della soglia”, protegge la casa dei suoi affetti, dei sogni e desideri, facendoci entrare nell’intimità del suo mondo quando pubblica i suoi versi. Per questo il poeta va sempre protetto e ringraziato: “protetto” perché rischia di far entrare in casa anche i curiosi e si offre al rischio di non essere compreso; “ringraziato” per la generosità con cui si mette in gioco e per i nuovi sentieri che apre coi suoi versi. La poesia, infatti, libera la realtà dalle forme stereotipate che la imprigionano e restituisce all’essere umano una sua dignità. Per questo la poesia è ricerca che si insinua nella vita di tutti i giorni con stupore e sorpresa, fino a diventare la ragione importante e, a volte, principale della nostra esistenza.

La poesia per Egidio Di Spigna nasce dalla necessità profonda e vitale dello stesso esistere umano. Chi sente necessario poetare sa di percorrere sempre un cammino arduo e bellissimo, come un sentiero inerpicato che mozza il fiato e insieme allarga il respiro. La poesia per Di Spigna è ricerca di una pienezza di significato, con un interpellare sottile e pacificato come di chi, in età adulta, non cerca la verità, ma le emozioni dei ricordi. “I vecchi marinai del mio paese / hanno la solitudine nel cuore, / hanno l’aria sicura e distaccata / di chi sa sempre quel che deve fare. // Li puoi trovare, da mattino a sera, / nella piazzetta all’ombra della chiesa” (I vecchi Marinai del mio paese). Il poeta si rende conto che ogni cosa è, in se stessa, indicibile, ma è insieme consapevole che i luoghi e i ricordi possono essere indicati e felicemente richiamati. Nella sua esperienza poetica la forma è l’essenza che i versi portano alla luce in modo che la vita si illumini di senso.

Di Spigna insegue con l’energia di una lingua elegante e sinuosa i vari aspetti della precarietà umana. Proprio i sentimenti di un’intera vita, che possono apparire incustoditi, vengono riportati alla memoria e diventano prioritari. Contro il pericolo che le varie esperienze possano deteriorarsi e sparire, il poeta le rivive in versi che edificano il suo mondo. “Poesia, / lucciola argentea nella notte estiva, / danza leggera di riflessi al sole” (Poesia). La sfida è conservare il tempo che scorre troppo in fretta e sembra svanire: “Regalami un barattolo di latta. / mi servirà per conservare il tempo”. Un viaggio poetico attorno al tempo da tutelare, all’esplorazione di una storia personale che trova origine dalla consapevolezza del cambiamento e dal timore della perdita. Ma il vento della vita non ha disperso l’universo poetico di Di Spigna. Come un tesoro sommerso, i suoi versi emergono dagli anfratti della memoria e si fanno identità del poeta. Così i ricordi diventano emozioni che evidenziano mondi che solo la poesia riesce ad evocare. “Un istante racchiude l’infinito” (Venere).

Poesia semplice e piena, frutto di analisi stratificate dei propri sentimenti, che rifiuta la palude che sembra inglobare tutto e recupera una visione più ampia e serena. Il verso così si fa specchio dell’esistenza che misura col passato il senso della vita. di qui la necessità della “lontananza” per ripercorrere in versi tanta intensità di emozioni: lontananza che si vela di rimpianto e nostalgia, dove il cuore oscilla tra il passato e il presente. L’amore lontano rapisce così l’anima per ristorarla alla fonte della poesia da cui può iniziare il nuovo giorno nella costruzione sicura dell’arte.

Proprio l’arte aiuta a portare nel cuore “questo indomito Ulisse”, a esprimere un desiderio di sintonia con se stesso, un legame di fedeltà, la ricerca di radici ideali. “Noi due si sta su scoscesa parete, / agavi solitarie ed orgogliose / di portare nel cuor questo tormento, / questo Mediterraneo assolato nel vento” (Al maestro Francesco Vaccarone).

Nella continua tensione agli ideali, l’autore ci consegna un libro di storie e ripari che aspirano ad agganciare la realtà al sogno. Nell’incedere poetico di Di Spigna c’è lo stile del viandante, la cui direzione nasce dalla sorpresa di ogni incontro e dallo stupore di nuovi orizzonti. Del resto il poeta parla quel tanto che è necessario per creare le condizioni dell’ascolto. Per questo Egidio Di Spigna, rischiando l’incomprensione e l’isolamento, condivide con noi le emozioni della sua vita. Ogni suo “verso” rappresenta un giro di danza, un’aria di suono e canto che vivono degli spazi da conquistare e che si fidano solo del vento che di volta in volta trascina il poeta a porsi interrogativi che aprono nuovi orizzonti.