Note biografiche
Lorenza Zanoni è nata a Lerici (SP) il 02 giugno 1949 in una famiglia operaia. A 11 anni ha iniziato a lavorare da una parrucchiera, nel 1969 sposatasi con Roberto, ha iniziato a lavorare nella sua profumeria a Migliarina. Nel 1970 sebbene sia diventata mamma di un bellissimo bambino Alessandro, ha continuato a lavorare con profumi e creme, è diventata amica di molte clienti, trascorrendo una vita tranquilla e felice. È riuscita più di una volta a sconfiggere il male, anche lo scorso anno, sempre continuando a lavorare in profumeria, sebbene i dolori diventassero sempre più forti. Un sabato mattina in negozio le è venuta voglia di scrivere, così è andata a comprare un quaderno e una penna nuova, ha iniziato a scrivere una lettera a una signora timida, con un carattere più chiuso del suo: la disperazione di quei giorni le ha dato la forza di scrivere e parlare del suo male, un brutto tumore inoperabile, contro cui ha lottato con le unghie con i denti. Con molta ironia e grande coraggio, dice di aver dialogato con il male ed essere arrivata a un compromesso con lui: “Se ti rimpicciolisci e diventi un po’ più piccolo e non mi fai male, con me ci puoi stare”.
Lorenza Zanoni con Rina Gambini
Commenti
Il titolo del libro è Nata con la camicia. Le clienti e amiche a cui leggeva qualche pagina la incoraggiavano a continuare, poi, una volta finito, le hanno scritto letterine commuoventi. Eccole:
Cara Lorenza, sei stata una grande, il tuo libro l’ho letto velocissimamente e mi ha fatto provare molte emozioni, tu Roberto, Alessandro, la Angela, Migliarina vi conosce da sempre ed è stato quindi facile e bello per me entrare dentro le tue parole. Importante è stato l’aver separato il passato dal presente (ieri e oggi), ma c’è ben radicato anche il futuro. La parte della malattia e dei dubbi mi ha fatto stare male davvero…(tu sai perché) però i tuoi racconti dell’infanzia e dell’adolescenza mi hanno fatto sorridere perché anch’io, da bambina prima e da ragazza poi, ho vissuto tutte quelle esperienze che tu descrivi molto bene e mi hanno fatto rivivere sapori e profumi che pensavo di aver dimenticato, uno per tutti le granatine della tua mamma. Credo che tu debba pensare a scrivere un altro libro… non autobiografico ma una bella storia magari d’amore, perché ne hai tutte le capacità. Una storia d’amore che hai già cominciato a scrivere in questo libro, dove di amore ce ne è veramente tanto, un abbraccio. Milvia Cara Lorenza, ti scrivo due righe perché voglio complimentarmi con te, perché sei la dimostrazione che volere è potere. Avevi un grande sogno nella tua vita, scrivere un libro, e ci sei riuscita; e poiché i grandi sogni hanno la capacità di farci sentire vivi e superare gli ostacoli, tu ti sei saputa regalare questo sogno nel momento in cui ne avevi un gran bisogno. Però ha funzionato! La tua voglia di vivere e di vederlo realizzato è stata più forte di tutto o forse questo non lo sapremo mai. È certo che la scrittura è una grande terapia per l’anima e la mente, e la mente, spesso, vince o perde sul corpo. Sono orgogliosa di te per come hai saputo raccontare la tua vita, con semplicità e spontaneità in maniera così diretta e avvincente. Soprattutto con la profonda convinzione di essere stata molto fortunata nonostante le avversità. Dai tuoi racconti si percepisce tutto l’amore e l’affetto da cui sei circondata, (e non mi riferisco solo alla famiglia) e la serenità con cui hai saputo affrontare prove difficili della tua vita. Il tuo libro si legge di un fiato perché crei anche aspettativa e curiosità. A tratti è anche molto commovente, ma questo già lo sapevo avendone letto alcuni pezzi in negozio da te. Anche ieri mi dicevi che non ti sentivi all’altezza di un Granellini, perché tu non hai studiato. Ti assicuro che ti sei espressa molto bene perché il cuore va molto al di là della tecnica. Forse riuscire ad andare da Fazio risulterà difficile; in quel caso non te la prendere più di tanto ma sii orgogliosa dello splendido lavoro che sei riuscita a portare a termine. Con tanto affetto Sabina Per la bravura ….e il coraggio, hai combattuto il tuo nemico. Brava e Brava con tanto affetto Eve
Signora Lorenza, ho letto il suo libro, quello che ha scritto è tutto vero, dimentichi, il passato è tramontato, inizia una nuova vita, le ansie e le sofferenze le offra al Signore. Lorenza si dia coraggio, la saluto e l’abbraccio augurandole una buona e lunga vita, sono una sua ammiratrice Maria
Recensione scritta da Sandra Lunardelli di San Terenzo pubblicata in un giornale locale: Lorenza Zanoni vive alla Spezia ma le sue radici sono a San Terenzo, il paese che le ha dato i natali e dalle cui radici ha tratto la forza per affrontare i momenti difficili della sua vita. La malattia che l'ha colpita a neppure cinquant'anni ha fatto emergere il bisogno di condividere la sua esperienza sia per trarne conforto che per darlo. Il suo libro “Nata con la Camicia”, scritto quasi di getto per dialogare con lo “scomodo e bastardo inquilino” che si è stabilito nel suo corpo, prende il nome dal termine usato per i bambini nati con uno strato di grasso su tutto il corpo e quindi definiti “fortunati” nella vita. Lorenza ripercorre le tappe della sua vita, dall'infanzia vissuta sulle colline di Falconara in modo modesto ma sempre dignitoso, com'era costume del dopoguerra per tante famiglie che dovevano rimarginare le ferite e ricostruire le loro vite, alla gioventù più spensierata, alla nuova vita con il marito e il figlio in un ambiente diverso, al lavoro che le ha dato successi professionali e occasioni di nuove amicizie, alla dolorosa esperienza della malattia e tutto e sempre con la costante presenza della famiglia. La sofferenza viene ripercorsa come una linea sottile che in certi momenti esce disordinatamente dai bordi come quando muore un familiare o un'amica, quando una persona vicina soffre o quando la malattia ti fa guardare in faccia quello che puoi perdere. “Noi ci abituiamo a tutto, come vedi io mi sono abituata a vivere e se lui non mi fa male e non cresce, a me non dà fastidio. Quanti frammenti di cuore perdi ogni volta che provi dei grossi dolori...” ma la vita è più forte, il risultato vale la battaglia e il libro di Lorenza è un messaggio per tutti.
Letture
Un quadro e le emozioni
Appesi alle pareti della mia casa, tantissimi quadri creano movimento e danno vita alle pareti bianche. Per tre giorni mi sono soffermata ad osservarli., indecisa sulla scelta; ne ho selezionati tre. Il primo dipinto, ogni volta che lo guardo mi dice: “Scrivi di me, sono un acquarello con colori tenui, ho un bel mare, una scogliera con cinque bambini che osservano un vecchio a pescare”. Dal secondo dipinto mi sento dire: “Scrivi delle bellezze di questa valle soleggiata, con montagne, un fiume tranquillo, i colori e le persone che la abitano”. Guardo il terzo dipinto e mi sento dire: “Io ti faccio conoscere la campagna toscana e le fatiche dei contadini”. Ho capito, questo è il quadro da descrivere, il mio preferito. È appeso al centro di una parete, è stato dipinto da Pelagatti, la tela misura 60 cm x 30, è un dipinto ad olio, i colori che predominano sono l’arancio, il giallo, l’ocra, il blu con alcune chiazze di celeste e bianco sfumato per il cielo. Il pittore dipinge la mietitura del grano, e rappresenta molto bene le fatiche delle quattro persone al centro della tela. Le due donne, vestono una gonna lunga, una maglia con le maniche, un grande grembiule e un fazzoletto legato sui capelli per proteggersi dal sole, in un giorno di fine giugno, assolato e molto caldo. Vedo una donna china, piegata in avanti, prendere con una mano delle spighe di grano, e nell’altra impugnare una falce per tagliarle. L’altra contadina ha un fascio di grano fra le braccia, lo guarda con rispetto, forse perché troppe fatiche rappresenta questo raccolto. A lato due uomini con pantaloni lunghi, camicie e bretelle con un grande cappello, spingono con fatica un attrezzo, che forse serve per tagliare il grano o per smuovere la terra. Non lo vedo, ma immagino il sudore che cola lungo il collo o sulla fronte di queste persone, asciugato con il dorso della mano. Dietro di loro due pagliai nella loro bellezza, non ancora terminati, perché il palo centrale si alza verso il cielo per un metro sopra il fieno odoroso. Bisogna essere bravi per fare un pagliaio, ma ancora di più saper togliere il fieno quando serve. Io da bambina osservavo il nonno con il suo forcone per ore quando costruiva il pagliaio. Ogni tanto, una nuvola passa davanti al sole, per rinfrescare i lavoratori della terra, che cercano di godere gli attimi di ombra, mentre osservano la distesa di grano ancora da tagliare, chiazzato da papaveri rossi che spiccano in un mare dorato. In lontananza una piccola casa, forse abitata da tanti bambini che giocano felici nell’aia. Questo quadro mi piace per i suoi colori caldi, per quello che rappresenta: il mondo contadino. Mi emozionano perché mi ricordano il passato contadino dei miei nonni, le fatiche esagerate e infinite, che iniziavano alle cinque del mattino per finire alle sette di sera, il risveglio degli odori dell’erba e del fieno, lo scricchiolio dell’erba secca o paglia quando ci camminavo sopra e la voce di mio babbo che mi diceva: “Senti che bella musica”. Oggi un pittore, non può dipingere una tela con le persone che tagliano il grano, perché non ci sono più, al loro posto alcune macchine agricole svolgono il lavoro faticoso dei contadini del mio quadro.
La locandina della presentazione a La Spezia di "Nata con la Camicia" 
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