Dalla prefazione di Cristina Benussi:
l romanzo è densamente metaforico, nel senso che l’autore riesce a rendere emblematica l’esperienza di maturazione del suo personaggio, in un luogo letterariamente ormai topico, il collegio. Lontano, relativamente, dalla famiglia, e fuori dalla città, la sede deputata alla formazione dei giovani si rivela un microcosmo mosso da impulsi solo apparentemente sodali, in realtà ispirati a un cinismo e a un’ipocrisia che il protagonista stenta ad ammettere.
(…) Le frustrazioni di un adolescente apparentemente inserito nella vita di gruppo, in realtà solo, hanno così dato vita a un personaggio che, grazie anche ad un linguaggio elaborato, ben strutturato, in bilico tra stile alto e quello che si potrebbe definire college slang, è capace di uno sguardo ironico ed autoironico. Il testo finisce dunque per costruirsi in una forma che Pirandello definisce umoristica, in grado cioè di mostrare il protagonista in hilaritate tristis. Ivo non è reso "timido" dalla persistenza di idola resi opachi da un benessere già sulla via del tramonto ma ancora costitutivo dei valori del Nord Est d’Italia, quanto dall’indifferenza dei suoi interlocutori nei confronti di qualsiasi problematica antropologica, emozionale ed intellettuale…