Tu sei qui:Editoriali recenti>>Annalisa Tacoli - Colette e La Belle Epoque

Annalisa Tacoli - Colette e La Belle Epoque
Dimensioni carattere:

Annalisa Tacoli - Colette e La Belle Epoque

 

Dunque un periodo di grandi innovazioni… In questo brillante contesto… un nome di donna: Gabrielle Sidonie Colette… una scrittrice  francese ingiustamente dimenticata, spesso strumentalizzata in un cliché “di scrittrice libertina”, di “letterata perversa”.

Ma chi era veramente Colette ?

Una giovane donna “ingenua”, che da un villaggio sperduto della Borgogna, si era trasferita... nel bel mondo della Parigi dei primi del novecento? nella “vie de bohème” della Paris-Belle Epoque?                  Forse! In parte, ma non solo!!!

Donna dalla mentalità libera e creativa, nasce in Borgogna nel 1873, vive a Parigi, poi in Bretagna e in Provenza. Nel suo curriculum: tre matrimoni, alcune frequentazioni… un po’ sopra le righe… scrittrice, attrice, giornalista, critico teatrale, pubblicitaria ante litteram, persino commerciante in cosmetici; Colette scrive romanzi, racconti, sceneggiature e soggetti cinematografici.

Durante la prima guerra mondiale si intensifica la sua attività giornalistica, è inviata a Roma dove incontra anche D’Annunzio. La troviamo crocerossina al fronte, nell’ultima guerra[1], inviata come reporter in Italia (che però non ama ); viaggia in Austria, Belgio, Algeria, Marocco, Stati Uniti… Ma un profumo di scandalo la accompagnerà sempre e ovunque.

La serie dei romanzi di Claudine, agli inizi del XX° secolo, aveva indubbiamente un carattere piuttosto “osé”: erano libri che le ragazze per bene non avrebbero mai confessato di leggere! Erano libri piccanti, spregiudicati, suggeriti dal primo marito Willy e scritti proprio con lo scopo di                    scandalizzare! Pubblicati a nome del marito, almeno fino al 1910, fino al loro divorzio. Persino “Le Matin” (a cui Lei collaborava) a un certo punto interruppe la pubblicazione del suo romanzo “Le blé en herbe” [2]per timore dello scandalo.

Ma Colette era un’artista: amica di Cocteau, apprezzata da Proust e da Gide. Fra i suoi amici c’erano Apollinaire, Verlaine, Mallarmé, Claudel. Collaborò con Ravel [3]e fu amica di Débussy, di Poulenc. Conobbe Coco Chanel, di cui anticipò lo stile à la garçonne, capelli a caschetto e abiti al ginocchio. Il pittore Blanche, ritrattista alla moda, la ritrae, come altri personaggi del Bel Mondo.                                                                                                                                  Tutti la conoscevano e la ricevevano.

Simone de Beauvoir ne apprezzava la spontaneità e diceva di lei: “(C.) è in Francia il solo grande scrittore donna… un grande scrittore vero”; François Mauriac la considerava addirittura degna del premio Nobel. Aveva però anche dei detrattori: qualcuno la accusava di fare della letteratura commerciale. Jean Anouilh le aveva detto, senza giri di parole: “Voi non siete una donna “convenable” (una donna per bene), Madame Colette…” Per contro lo scrittore francese Francis Jammes, in una prefazione del 1905 aveva scritto: “La signora Colette Willy è una donna viva, una donna davvero, che ha osato essere naturale e che assomiglia molto più a una giovane donna di paese che a una letterata perversa”.

Donna libera, anticonformista ed emancipata… Se con un salto temporale, vivesse ai nostri giorni, apparirebbe in televisione, ammirata, imitata, discussa, applaudita… una vera star! E così fu anche al suo tempo, nel suo ambiente parigino dei primi del ‘900.

Siamo in piena “Belle époque”. Se in letteratura troviamo nomi come Anatole France, Péguy, Apollinaire, Claudel, Gide, nella pittura abbiamo Matisse, Dérain, Rousseau le douanier, Modigliani, Picasso, Braque… Rodin nella scultura... Charlie Chaplin nel cinema, la settima arte che sta muovendo i primi passi.

La Francia è governata da una borghesia repubblicana e radicale. Tutti i valori tradizionali vengono rimessi in questione. I francesi pretendono di essere al tempo stesso credenti e anticlericali.

 

Nella fattispecie… I genitori di Colette sono “liberi pensatori”, la madre era cresciuta in Belgio in un ambiente laico e intellettuale, probabilmente legato alla massoneria.

Il padre, repubblicano convinto, aveva tentato persino, ma con scarso successo, la strada della politica. Era di origine italiana, un ufficiale che aveva perso una gamba nelle guerre d’Italia, a Melegnano; “italien, homme à couteau” [4] ( come lo chiamava la moglie…quando non era contenta di lui! ), che cantava da baritono! (..coltello e canto, due stereotipi della sua italianità).

“L’amoureuse” Colette, la passionale Colette ha forse un po’ di sangue italiano!

Colette cresce in un clima di libertà, di laicità che contrasta decisamente con l’educazione tradizionale delle ragazze del suo tempo e del suo ambiente.

La Belle époque aveva creato una modernità sfarzosa, licenziosa e appariscente (Art Nouveau - Esposizioni Universali). Colette fa parte a pieno titolo di questa “cultura dell’apparire”.

E in questo suo essere protagonista, fra uno scandalo e l’altro, diventa un mito per la Francia; ottiene la Legion d’Onore fino al più alto grado (come Proust), succede alla poetessa Anna de Noailles come membro dell’Académie Royale de Belgique; è la prima donna eletta all’Accademia Goncourt nel 1945 e poi ne viene nominata addirittura Presidente di giuria nel 1949.

Mentre le grandi opere letterarie contemporanee, europee e americane (di Emily Dickinson, Virginia Woolf…) eccellevano nella “malinconia”, la francese Colette cantava con voluttà il piacere dei sensi… E soprattutto al femminile!… È qualcosa di veramente nuovo!!

Colette esordisce in Letteratura, poco più che ventenne, con i libri di Claudine, sorprendendo i

lettori sia per l’autenticità che per la spregiudicatezza della sua eroina. La sua invenzione letteraria, il personaggio “Claudine” diventa un fatto di costume tanto da condizionare persino la  moda. Appaiono i profumi Claudine, i capelli alla Claudine, i grembiuli, le cravatte, le calze, i colletti alla Claudine… un primo esempio di consumismo moderno.

Colette, grazie anche all’interprete delle sue pièces, l’attrice Polaire (suo alter ego: stessa pettinatura, stesso abbigliamento), aveva saputo esercitare e sfruttare una vera e propria “seduzione mediatica”.                                                                                                                                       Colette diceva di se stessa: “Sono stata un po’ mimo e un po’ ballerina  e anche un po’ acrobata” Aveva arredato il suo appartamento con attrezzi ginnici con cui si esercitava e più volte aveva calcato le scene, interpretando i suoi stessi lavori teatrali: facendo sempre molto parlare di sé,

soprattutto quando recitava senza veli, … a seno scoperto.

Sacha Guitry la sceglie come protagonista di una sua commedia.

Colette vive negli anni delle prime rivendicazioni femminili, di cui è una delle grandi protagoniste e cerca di spezzare molti dei tabù dell’epoca, specie per quanto riguarda le donne che le apparivano ancora chiuse in una sorta di prigione. Mostra ai suoi lettori , per la prima volta nella storia della letteratura, una “donna soggetto”. Il suo è un personaggio femminile forte, mascolino che però non rinuncia né all’uomo né all’amore; Colette vuol salvaguardare “il fascino” della donna, la sua libertà, il suo bisogno di indipendenza.

Eppure non è femminista nel senso classico del termine, si dissocia dal femminismo convenzionale, non ha nessuna simpatia per le “suffragette”; concepisce una rivoluzione sociale dei costumi tutta sua (molto personale)[5]. E per prima avverte quel grande rischio per le donne che, da emancipate, si trasformeranno presto in donne ferite, sfruttate nel lavoro delle fabbriche e nella società dei consumi (e anche in questo precorre i tempi).

Ha pubblicato quasi ottanta volumi fra narrativa, memorie, articoli di giornale e lavori teatrali.

Tra le sue opere ricordiamo: La Chatte (1933) da cui si ispira il bozzetto di R.Rossellini per uno degli episodi del film “I sette peccati capitali” - Gigi (1943), interpretato dalla bellissima Audry Hepburn (che lei stessa aveva indicato come interprete) nell’omonimo spettacolo teatrale. Il film del 1958, tratto dallo stesso romanzo, ebbe come interpreti Leslie Caron e Maurice Chevalier.

Ancora in età avanzata non smette di scrivere sui suoi celebri foglietti azzurri, alla luce della lampada da notte che lei chiama il suo “fanale azzurro”- “Le fanal bleu” (titolo di uno dei suoi ultimi romanzi -1949).

 

Ancora oggi quando pensiamo a “Colette”, subiamo l’influsso di un certo perbenismo ottocentesco, riaffiorano stereotipi e pregiudizi; ci mette un po’ a disagio quel suo modo libero e disinibito di affrontare la vita.

Già il suo nome di penna, al tempo stesso cognome e nome femminile, appare rappresentativo della sua emancipazione ma anche della sua ambiguità.

Senza dubbio Colette descrive debolezze e vizi umani senza veli e senza ipocrisie… ma sempre guarda ai propri personaggi con rispetto, quasi con amicizia e, pur offrendoci una visione decisamente variegata e realistica del vivere umano, ne cogliamo sempre una sensazione sana, naturale. Tutti gli aspetti e i problemi dell’amore trovano posto nei suoi scritti: l’adolescenza, la gelosia, i problemi della coppia, le relazioni dissonanti.

Non dimentichiamo che intanto la psicanalisi, con Freud[6], aveva iniziato la sua strada.

Stravagante, “sauvage”, come lei stessa si definisce, rifiuta l’angoscia e le convenzioni che paralizzano. Per lei la vita si svolge “Heureusement, puisque c’est naturellement”.

“Un’anima più monella che perversa”, come l’aveva definita Apollinaire.

Faîtes des bêtises mais faîtes-les avec enthousiasme !” è una delle celebri citazioni della scrittrice.

 

Non entriamo nel merito della morale, ma uniamoci a tutti quei suoi fans che hanno saputo amarla comunque, qualunque originalità, qualunque eccesso lei intraprendesse. Si dice che gli artisti, in quanto tali, sono al di sopra del bene e del male!!! (Nietsche)

Colette era un mito nazionale. In occasione dei suoi 80 anni ricevette tributi ed onorificenze non solo a Parigi (medaglia della città di Parigi) ma persino a New York.[7] (membro onorario dell’istituto d’arte e lettere).

Quando Colette si spense, all’apice della gloria, nel 1954, a 81 anni, un immenso pubblico la pianse (seimila persone), ebbe funerali di stato, le vennero resi persino gli onori militari, la prima donna nella storia della Repubblica ad aver avuto esequie ufficiali; venne inumata al Père-Lachaise… ma il mondo cattolico non poteva certo apprezzare né la sua opera né il suo stile di vita. I suoi libri erano all’Indice e così… le fu rifiutata la sepoltura religiosa.

Abbiamo parlato di una personalità libera e creativa. Così come era lei, anche il suo linguaggio è agile e inventivo, ricco di neologismi, argot, espressioni colte. Gide ne era rimasto affascinato: “Una lingua gradevole fin quasi all’eccesso- scrive- quale sicurezza nella scelta delle parole…quale delicata sensibilità per le sfumature! E tutto ciò come se fosse un gioco…”. Quando ci parla di un profumo, di un paesaggio, Colette riesce a farcelo vivere in un francese splendido, lineare, trasparente, raffinatissimo.

La semiologa Julia Kristeva, nella biografia della scrittrice, ne esalta la novità di linguaggio lo definisce “alfabeto solare”,  “possente arabesco carnale”.

“Il francese è una lingua difficile - diceva Colette - dopo 45 anni che scrivo, comincio a rendermene conto!”. Colette costruisce la sua narrazione con frammenti di fantasticherie, stati d’animo, sensazioni del corpo….utilizza metafore, analogie , paradossi… in una sintesi  straordinaria di letteratura, pittura e musicalità che ci fa pensare alla coeva pittura impressionista.

Qualcuno l’ha definita “Una scrittura di “vetro soffiato”, immagine di leggerezza, luminosità, memoria di acque trasparenti. Del resto Colette amava gli oggetti in vetro soffiato e ne aveva raccolto una preziosa collezione: era una delle sue passioni!

Un’altra immagine, attribuita al suo modo di scrivere, è quella delle Vrilles. Le frasi di Colette si allungano, si intrecciano, si avvolgono su se stesse: come le Vrilles, i viticci (che danno il titolo ad una delle sue raccolte di testi, del 1908)… un intreccio fra parole e desiderio, ricordi e sensazioni, senso e suoni; una forma che ben rappresenta quel suo “guardarsi attorno, impregnandosi  dell’atmosfera delle cose”. Certamente lontana dalle contemporanee espressioni letterarie dell’inquietudine e dell’angoscia, Colette si aggrappa al piacere di vivere che è per lei un piacere dei sensi e un piacere delle parole. Una profonda unità di ispirazione legata ad una serena accettazione del mondo.

Il critico Nicole Ferrier-Caverivière scrive: “Umana e classica Colette non cade nel libertinaggio: rigorosa e misurata, sfiora i problemi eterni dell’uomo con delicatezza e lucidità”.

 

Innamorata della vita, golosa, sensuale, curiosa di tutto, passionale e libera, Colette non fu soltanto la figlia di Sido o la studentessa un po’ perversa o l’amica degli animali o il grande scrittore pieno di onori….. tanti clichés in cui è stata troppo spesso ingabbiata.”. Fu tutto questo e molto di più… fu Colette, l’“amoureuse Colette”.

 

 


[1] Durante l’occupazione tedesca, Colette mantenne un atteggiamento piuttosto ambiguo (forse per proteggere il marito), continua a pubblicare i suoi romanzi e a collaborare con la stampa ufficiale.

[2] Era il suo primo libro firmato solo: Colette.

[3] Maurice Ravel musica l’opera di Colette Divertissement pour ma fille, facendone un balletto dal titolo L’Enfant et les sortilèges, che va in scena a Montecarlo.

[4] “ecco mio padre con la sua bianca mano italiana tesa verso le lame, chiusa sul coltello a serramanico da cui non si separava mai…”-( La naissance du jour).

[5] “Une femme qui se croît intelligente réclame les mêmes droits que l’homme. Une femme intelligente y renonce »

[6] Freud decolpevolizza le perversioni.

[7] Nel 1953 , in occasione dei suoi 80 anni, l’idolo Colette riceve tributi e onorificenze quali la medaglia della Città di Parigi, l’elezione a membro onorario del National Institute of Art and Letters di New York, e il grado di Grand’Ufficiale della Legion d’onore.